New Games= No etica

Discussioni su Videogames, hardware e altre cose non pertinenti ai VG Gundamici.
Avatar utente
Debris
Trisnonno Stregone
Trisnonno Stregone
Messaggi: 8406
Iscritto il: dom mag 16, 2004 8:44 am
Località: Italia
Contatta:

New Games= No etica

Messaggioda Debris » sab lug 04, 2009 12:12 pm

Come segnalazione per il momento,mi ci vogliono una decina di minuti per recuperarlo e metterlo a disposizione: sul settimanale D,la Repubblica delle Donne...Inserto del sabato del quotidiano la Repubblica è presente un lungo articolo di Jaime D'Alessandro dal titolo:

New Games= No etica

L'articolo si pone una serie di domande sul mondo dei videogiochi Occidentali,la violenza,il ruolo dei videogiochi nella nostra cultura...
Nell'articolo anche due piccoli inserti sul mondo dei videogiochi nipponici,sulla crisi del mercato nipponico....
L'articolo è nelle pagine 60 - 61 di D,la repubblica delle Donne.

http://periodici.repubblica.it/d/

Avatar utente
Debris
Trisnonno Stregone
Trisnonno Stregone
Messaggi: 8406
Iscritto il: dom mag 16, 2004 8:44 am
Località: Italia
Contatta:

Re: New Games= No etica

Messaggioda Debris » sab lug 04, 2009 12:29 pm


1 parte





Tra scenari western e battaglie moderne di ogni tipo, la via occidentale ai videogiochi non prevede morale. E s’avvicina alla tv, più che al cinema.


( I videogiochi) Sembravano destinati a diventare la nuova Hollywood, invece assomigliano
sempre più alla tv. Ecco perché i videogame parlano sempre, e soltanto, di guerra. «I
giochi elettronici guardano soprattutto allo sport, alla tradizione militare, all’opera di Tolkien e alla fantascienza»,spiega Will Wright, guru del mondo dei game elettronici, autore di titoli del calibro di Sim City, The Sims, Spore.
«Invece,se vai in una libreria o in un negoziodi dvd, il soggetto più trattato è la vita quotidiana: sinceramente nemmeno io capisco più come mai si insista sempre e solo sugli stessi argomenti».
Tracciare i confini di questo settore è abbastanza facile: i temi sono così pochi che alla fine il complesso di norme che regolano i contenuti è davvero ridotto.

Ed esclude l’etica. In un videogame elettronico è quasi impossibile trovare una vera storia d’amore, e in generale si parla poco di sentimenti.

Rari sono anche i titoli che trattano la realtà di tutti i giorni, o che si occupino in qualche maniera dei rapporti familiari, salvo forse certi giochi di ruolo di
scuola giapponese, che però ha sempre avuto un’attitudine differente. Anche
se è una tradizione in crisi, ormai orientata a sposare i modelli occidentali
per far breccia nel nostro mercato.



Questione di mercato.Anche in Giappone.


«Dobbiamo riuscire a creare videogame che abbiano un forte appeal per
i giocatori occidentali, perché il mercato giapponese non basta più». Lo sostiene
Keiji Inafune, autore di talento noto soprattutto per la serie Onimusha.
Ma il declino del mercato giapponese è ormai più che evidente: se un tempo
poteva rivaleggiare con quello statunitense, nel 2008 è stato superato da
quello inglese. Questo, almeno, sostiene un’analisi firmata Npd Group, realizzata
in collaborazione con GfK Chart-Track e Enterbrain. E non è solo un declino
economico: a entrare in crisi è un’intera scuola, che si è sempre differenziata
da quella occidentale nei contenuti. La saga di Final Fantasy, per esempio:
ultima a reggere nelle classifiche di vendita, è segnata da un ambientalismo
radicale, e propone un attacco frontale alle strategie delle grandi multinazionali.
Temi sconosciuti, o quasi, ai nostri game designer.





«I lavori devono essere divertenti, in ogni loro fase», racconta un altro grande game designer, quel Dan Houser che col fratello Sam è la mente di Grand Theft Auto - titolo da più di settanta milioni di copie - che ora sta lavorando a un videogame western: Red Dead Redemption. «Il loro campo d’azione è lo spazio, non il tempo, come
al cinema. Ci sono cose che vengono raccontate di frequente in altri
media, ma che ancora nessuno ha trovato il modo di trasferire con successo
all’interno di un gioco. Senza spingersi fino ai rapporti sentimentali, basta
pensare a certe scene classiche dei film western, quando, per esempio, il
protagonista attraversa un deserto: sole a picco, avvoltoi che volano alti, le
labbra del protagonista che diventano secche, il cavallo che avanza a fatica e
poi muore, lui che infine cammina sfiancato, trascinando la borraccia.

Quando la sete lo sta per uccidere, trova l’oasi e mette la testa nell’acqua.

Una compressione temporale molto breve per raccontare un’esperienza limite
che è durata giorni. Nei videogame una cosa del genere è difficile, se
non impossibile, perché tutto avviene in tempo reale, e la possibilità di agire
sullo scorrere delle ore è limitata. Certo, posso fare in modo che raggiungere
una certa zona significhi dover trovare prima la strada per una serie di
oasi. Il risultato, però, sarà più un puzzle da risolvere, che la rappresentazione
fedele di un’esperienza».

Così, a 38 anni di distanza dall’arrivo nei bar americani del primo videogame la modalità dei giochi elettronici si è cristallizzata in pochi, inevitabili, generi.
Con scarse novità, centrate soprattutto sul tentativo di mandare in pensione il joypad come principale mezzo di interazione, e al boom di titoli salutisti, per tenersi in forma.

Avatar utente
Debris
Trisnonno Stregone
Trisnonno Stregone
Messaggi: 8406
Iscritto il: dom mag 16, 2004 8:44 am
Località: Italia
Contatta:

Re: New Games= No etica

Messaggioda Debris » sab lug 04, 2009 12:34 pm

2 Parte

«È un universo interessante, ma ancora troppo violento», secondo Steven Spielberg, regista mitico e anche autore di videogame. L’ultimo dei quali,Boomblox Smash Party, è arrivato nei
negozi da pochi giorni. «Fino a oggi è stato relativamente povero nella differenziazione
dei contenuti, perché in questo, come in altri campi dell’intrattenimento,si tende a emulare quello che ha incassato tanto. Il meccanismo è semplice: se ha successo la guerra,
tutti fanno videogame di guerra».

La serie di Call of Duty - in autunno arriverà il nuovo capitolo, intitolato Modern
Warfare 2 - è un caso-simbolo: il videogame ha messo in scena sia la
Seconda guerra mondiale, sia conflitti fin troppo simili a quelli che stanno insanguinando il Medio Oriente. E davanti ai 13 milioni di copie vendute dal primo Modern Warfare (2007), nessuno si azzarda a sollevare questioni morali.

Però il realismo è davvero tale che sembra di vivere in prima persona la
corrispondenza di un inviato di guerra di una qualche rete tv.

«L’equivoco», sostiene Dan Houser, «sta piuttosto nel considerare i giochi come la nuova
Hollywood. I videogame invece sono molto più simili alla tv, coi suoi canali
fatti di programmi musicali, quiz, telefilm d’avventura, sport, talk show
e attualità. È una forma di televisione interattiva.

Del resto anche sul video i palinsesti sono fatti dalle solite cose.
Ci si scandalizza sempre meno per il dilagare della violenza. E le eccezioni di chi sperimenta strade diverse, anche eticamente, sono assai rare

Avatar utente
Debris
Trisnonno Stregone
Trisnonno Stregone
Messaggi: 8406
Iscritto il: dom mag 16, 2004 8:44 am
Località: Italia
Contatta:

Re: New Games= No etica

Messaggioda Debris » sab lug 04, 2009 12:39 pm

Un'alternativa ??

Bhè è lo stesso Jaime D'Alessandro a riportare una soluzione in un'altro Box,attraverso un'intervista a David Gosen, vicepresidente della divisione Strategic Marketing & Live di Microsoft,un'intervista sorprendente.

Il futuro è delle donne

«Presto vedremo videogame che nessuno può immaginare. E sarà merito delle donne». David Gosen, vicepresidente della divisione Strategic Marketing & Live di Microsoft, è convinto che il settore dei giochi elettronici stia per subire una profonda trasformazione. «Sappiamo che oltre il 30% di chi compra una Xbox 360 è di sesso femminile, di conseguenza appare inevitabile che i contenuti dei giochi cambino. Sempre di più.

Del resto il processo è già in atto, lo dimostra il successo del Wii o di Guitar Hero.
In passato il problema erano i riferimenti culturali di chi sviluppava giochi, e il fatto che fossero pensati per loro più che per il pubblico.
Ma oggi giocano persone di tutte le età, con gusti diversissimi. Vogliono
la differenziazione come in altri media».

La scuola giapponese è così in crisi? «Sì, ma è una crisi momentanea. Da
loro i videogame hanno attraversato periodicamente momenti di difficoltà,
quello è un mercato assai particolare». Ovvero? «Super Mario, Pokémon, Final Fantasy sono titoli molto noti da noi,mentre in Giappone i giochi occidentali non hanno quasi mai avuto successo.

I valori sono diversi e i giapponesi sono più sensibili ai contenuti. Anche
noi stiamo iniziando a sviluppare giochi adatti al Giappone, perché il pubblico
non è più identificabile, neanche lì, con i soli maschi adolescenti».


Torna a “Area Videogiochi Generica”

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 6 ospiti